sabato 22 marzo 2014

Feste Natalizie e Grandi Insegnamenti

Lo so che avevo promesso di aggiornare il blog dopo le feste natalizie, tuttavia il mese di Gennaio è stato pieno di impegni e cose da fare ed ho praticamente lasciato in sospeso i contatti con la maggior parte delle persone. Comunque sia, le cose vanno sempre bene qui; ci sono certamente gli alti e i bassi, pero ormai penso di aver sviluppato la mia monotonia anche se le sorprese non finiscono.

Le vacanze di Natale sono state davvero speciali: molti exchange student descrivono il periodo natalizio come uno dei peggiori, dove si sente la nostalgia della propria famiglia e delle proprie radici, soprattutto quando si è in un paese totalmente diverso che sia per il clima o per le tradizioni. Tuttavia anche questa volta sono stata molto fortunata; ho trascorso delle giornate splendide nonostante la mancanza di neve, il clima senza senso e le piante di agave nei prati (sottospecie di cactus, usate per la produzione della tequila o mangiate). Dopo la separazione dei miei infatti, l'atmosfera natalizia era sempre più difficile da sentire perchè il 25 si passava un pò con un genitore e un pò con un'altro; non era come da piccoli dove si stava tutti insieme senza orari da rispettare. Quest'anno invece l'atmosfera l'ho sentita eccome ed è stato davvero magnifico.

La giornata del 24 dicembre (ebbene sì, qui si festeggia la vigilia) è iniziata in modo tranquillo, ci siamo alzati, abbiamo fatto colazione e mentre il papà andava a lavorare al negozio, io, la mamma e i fratelli abbiamo cucinato le cose per il cenone; ricordo che abbiamo preparato baccalà, Ponche, pasta fredda e Clericot. Durante il pomeriggio abbiamo ordinato una pizza e abbiamo passato il tempo in soggiorno, ascoltando musica natalizia, chiacchierando e bevendo Rompope. Verso le 7 abbiamo iniziato a prepararci per la cena, indossando vestiti eleganti, perchè qui a Natale si indossa il capo più bello; alle 9 eravamo in chiesa per la messa. Finita la funzione ci siamo recati nel ristorante di mio cugino, chiuso e riorganizzato in vista della cena; penso di aver mangiato più di quanto potessi, ma come sempre non riesco a resistere alla favolosa cucina messicana (dio benedica la ensalada de manzanas). Verso mezzanotte abbiamo lasciato il ristorante per andare dalla famiglia per parte del papà; quando siamo arrivati tutti si stavano scambiando gli auguri ed è stata una gioia grandissima sentire tutti i miei zii è cugini che quando venivano ad abbracciarmi mi dicevano quanto fosse bello per loro avermi nella loro famiglia, non sono riuscita a trattenere le lacrime.
Le festa è andata avanti fino alle 4 del mattino, ci siamo scambiati i regali di intercambio (la prima domenica di avvento si pesca un bigliettino con un nome di uno dei membri della famiglia a cui si deve fare un regalo di un certo budget) e abbiamo ballato finchè le forze ci sono venute a mancare.

Altra bella ricorrenza è stata il 6 di gennaio, el dia de los Reyes Magos. E' in questo giorno che i bambini ricevono i regali, infatti qui Babbo Natale è considerato un 'americanata' e la maggior parte delle famiglie fa aspettare fino a questo giorno i loro figli, ansiosi di aprire pacchetti. La sera ci si riunisce bevendo Atole e tagliando la Rosca de los Reyes; un pane dolce e circolare che all'interno contiene piccoli omini di zucchero. I fortunati che trovano uno di questi pupazzetti nella loro fetta, dovranno "invitar" (ovvero offrire, pagare) Tamales a tutta la famiglia la domenica delle palme.


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Sapevo del basso livello di sicurezza in Messico che coinvolge un po tutti i campi, come sapevo che prima o poi qualcosa mi doveva succedere, visto che su 17 italiani ero l'unica che non si era vista passare davanti "el monstruo". Ciò nonostante quando si vive una di queste esperienze i prima persona ci sono sempre i due lati contrastanti: il trauma e ciò che si impara da esso.

Era venerdì 10 di Gennaio e io stavo nel ristorante di mio cugino, assieme a un amico che lavora lì e con il quale passo tutti i giorni dopo la scuola, chiacchierando mentre lui sta al bar e io faccio i compiti. Quel giorno c'era la Feria si San Felipe, un paese vicino alla mia città e io volevo disperatemene andarci, tuttavia non trovavo un passaggio e mio fratello mi aveva piantata in asso dopo uno dei nostri litigi; così che il mio amico mi dice: "Ehi se vuoi puoi andare con alcuni amici, ti possono venire a prendere qui!". Io ci penso su ma poi rifiuto, non volevo creare disturbo a dei ragazzi che nemmeno conoscevo.
Alla fine dopo mille chiamate, la mamma della mia migliore amica decide di accompagnarci e così verso le 9 siamo nella carretera per San Fe; e poi eccola lì, a metà strada una macchina completamente accartocciata, un incidente appena avvenuto, usciamo dalla macchina per controllare la situazione e chiamare i soccorsi. C'è un signore con un palo infilzato nel petto, un altro con la testa completamente aperta che farnetica e che non riusciamo a tenere fermo, una ragazza della mia età a faccia in giù, mutilata e visibilmente senza vita con il fratello accanto, uno dei due sopravvissuti che la chiama a gran voce.
Una di quelle scene che non ti escono più dalla testa, che basta chiudere gli occhi per riviverla perfettamente; una di quelle che ti fa capire quanto la vita possa essere fragile, perchè si sale su un auto pensando andrà tutto bene e poi due genitori perdono la figlia di 18 anni che a sua volta ha una bimba piccola.

Quando i soccorsi sono arrivati e la gente ha cominciato a radunarsi abbiamo deciso di lasciare il luogo, troppo sconvolte e turbate.
Tuttavia la notizia che veramente mi ha sconvolta è arrivata il giorno dopo, con l'identificazione delle persone coinvolte: i ragazzi morti (3 su 5), i sopravvissuti che ho aiutato, erano i famosi amici del mio caro amico, quelli che dovevano portarmi alla festa. Su quell'auto avrei dovuto esserci anche io e probabilmente oggi non potrei scrivere tutto questo. Con una semplice decisione presa per timidezza mi sono salvata la vita. La sensazione che ho sentito e che ancora sento se ci penso è fortissima, la sensazione di essere scampata alla morte, della reazione delle persone qui e in Italia se mi fosse successo qualcosa.

Penso, in qualche modo, di avere rivalutato la vita.

mercoledì 13 novembre 2013

Escuela y Dia de los muertos.

Ben ritrovati! Scrivo alla vigilia del mio terzo mese per raccontarvi le ultime novità ma soprattutto per parlare un pò della scuola e della situazione che sto vivendo qui con essa. Come già ho detto le cose in famiglia, e in generale la vita quotidiana, vanno bene e ogni giorno c'è qualcosa di nuovo da scoprire, vedere, provare; tuttavia la mia routine è disturbata dalla scuola e dalle mie preoccupazioni. 
Fin da subito i problemi ci sono stati, ma altri più grandi mi hanno semplicemente fatto passare sopra alle cose, vedere i lati positivi che sempre, anche nel dolore più grande ci sono; tuttavia ora che finalmente ho trovato un'equilibrio nella mia vita, ma soprattutto dentro me stessa, sto cominciando a preoccuparmi realmente per la scuola.

L'ambiente è orribile: non c'è libertà di parola ed espressione; in classe siamo in 60 e quasi nessuno nonostante ciò pensa con la sua testa, ma segue solo quello che i professori dicono, spesso osservazioni sbagliate, frutto di mentalità chiuse. Per esempio la maestra di chimica, mi ha umiliato davanti alla classe per averla corretta sul fatto che in Italia l'acqua costa 280pesos (circa 15euro). Gli studenti sono obbligati a portare la divisa in ordine, mentre i professori o dirigenti si vestono in modi assurdi e volgari, facendoti capire che loro sono superiori a te e lo rimarranno sempre;  il rispetto segue solo una direzione, ovvero quella alunno-professore. Non importa imparare, gli studenti non studiano per questo ma solo per essere migliori di qualcun altro; per me la scuola è sempre stata un luogo dove migliorare, accrescere le mie conoscenze, ma per me stessa, per il mio volere e crescita personale. Invece qui per la prima volta mi sono sentita consigliare il metodo 'studia, fai l'esame, dimentica quello che hai studiato e inizia con un nuovo argomento'.

Non faccio nessuna materia che faccio in Italia a parte Inglese e Matematica. Durante le lezioni mi ritrovo annoiata, demotivata; non sono per niente interessata nelle materie, anche perchè qui non spiegano, solo assegnano compiti e lavori che io faccio fatica a fare anche per la mancanza delle basi. La valutazione finale è un insieme di tante cose, anche inutili, che quindi mi rovinano i voti. Mi sveglio alla mattina chiedendomi perchè vado a sprecare il mio tempo, perchè davvero non imparo nulla, mentre potrei dedicarmi ad altre attività come il volontariato che renderebbero la mia permanenza maggiormente completa.
Sono in crisi e veramente non mi sento me stessa a scuola, perchè la mia voglia di fare è svanita, mi sento solo la per scaldare il banco.

L'unica cosa che mi fa davvero piacere fare, è insegnare inglese agli studenti del corso pomeridiano, perchè è davvero interessante mettersi per una volta 'dall'altra parte dell'aula' e perchè qui, veramente, il livello di istruzione (a parte quello universitario) è davvero molto basso ed è fantastico potere dare una mano.

La scuola è l'unica cosa che mi manca dell'Italia e solo adesso riesco a capire quando essa sia importante. Nonostante anche lì ci siano le ingiustizie, mi rendo conto che almeno noi abbiamo la garanzia di poter imparare davvero, di poter esprimere la nostra opinione e che alla fine della quinta uscremo sì come diplomati, ma soprattutto come uomini e donne che hanno avuto la opportunità di crescere all'interno di un ambiente (abbastanza) sano. Mi manca sentirmi parte integrante della classe (qui la metà della gente non conosce i nomi dei proprio compagni), il rapporto con i professori, la soddisfazione che mi dava prendere un bel voto o discutere di un tema per me importante. Vorrei che qualcuno dicesse ai miei compagni italiani di riconoscere razionalmente la fortuna che hanno a studiare in quella scuola, di sfruttare le cose belle di essa perchè saranno parte del nostro futuro. Devono capirlo ora, non dopo gli esami, perchè il tempo non ci ritorna indietro mai più.


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Il 2 novembre qui, come in Italia, si festeggia il giorno dei morti; tuttavia il 'dia de los muertos' in Messico è qualcosa di speciale, unico, che si può vivere in modo speciale solo qui.
Le strade e le piazze sono decorate con statue di scheletri vestiti in abiti sgargianti, che ballano, suonano o svolgono le attività che solo le persone vive possono fare. In tutte le case si costruisce un altare per i propri morti, decorandolo con fiori e con gli oggetti che piacevano al defunto perchè durante questo giorno si crede che lui ritorna per passarlo con te. Innalzarlo assieme alla mia famiglia è stata un emozione davvero forte, perchè lo scorso Marzo, è venuta a mancare una delle mie cugine a causa di un incidente d'auto, aveva solo 23 anni. Non l'ho mai conosciuta, ma grazie a lei ho potuto imparare un'altra cosa su questo popolo, ovvero la loro concezione della morte. 

Qui, come dovunque, quando una persona cara viene a mancare si soffre, si piange. Tuttavia si crede fermamente che quella persona sia in un posto migliore, dove ti può vedere, aiutare affrontare i momenti difficili, un pò come un angelo custode; tutti credono in questo, nessuno ha dubbi, religioso o no. Il giorno dei morti si va al cimitero con tutta la famiglia, portando cibo e doni sulla tomba; i mariachi (tipico gruppo folkloristico messicano), circondano il sepolcro intonando canzoni allegre che piacevano alla persona defunta. Dopodiché si va tutti insieme per fare un pranzo che dura tutto il giorno e dove si ricorda in modo felice chi non c'è più.

Tutto questo è molto intimo, che porta la gioia anche in una cosa triste come la morte. Non esiste la funzione malinconica, il silenzio doloroso del nostro cimitero. La morte qui è una nuova vita, come il passaggio all'età adulta; considerata come una cosa normale, che ci rende mortali e per questo così unici e speciali. Qualcosa di incomprensibile alla nostra mente ma che ci deve dare speranza non dolore.

Questi eventi, sono quelli che sempre di più mi fanno amare questo paese, che mi fanno capire che sia valsa la pena soffrire. In Italia mi sono sempre sentita un pesce fuor d'acqua, mai integrata completamente, sempre irritata o nervosa per qualcosa. Ora sono sempre me stessa, mi sento libera; in 3 mesi non mi è mai capitato di arrabbiarmi con qualcuno e mi sento incredibilmente cambiata. Guardo le cose in un'altra prospettiva più saggia e meno sognatrice, cerco di vivere ogni momento con energia senza mai pensare al futuro, medito di più prima di aprire la bocca, ho imparato a convivere con due fratelli a cui voglio un mondo di bene, molte cose sono passate da scontate a preziose. 





giovedì 24 ottobre 2013

Questo è un nuovo mondo, un nuovo giorno, nel battito forte del mio giovane cuore.


Dopo il primo mese in cui perfino questo blog è stato testimone della mia sofferenza, non pensavo che le cose si potessero sistemare in così poco tempo e così splendidamente bene. Oramai sono 3 settimane che me ne sono andata da quella casa, lasciandomi tutto alle spalle e ricominciando ancora, come la prima volta, solo più forte e temprata.

Il cambio di famiglia è stata una cosa rapida e veloce, costituita da tante piccole scelte prese da sola, senza mai voltarmi indietro.
Il primo passo è stato senza dubbio il rendermi conto che era importante per me stare in questa città, nonostante i problemi con la scuola; è bastato dimenticarsi un attimo del dolore che stavo provando per realizzare le splendide persone che ho al mio fianco qui. Persone che si sono interessate di me dal primo istante, sebbene ci fossero le difficoltà linguistiche di mezzo, cultura e modi di fare differenti. Ragazzi e ragazze che mi vogliono bene come Nana, non come la ragazza italiana con cui sarebbe bello farsi vedere in giro. Loro, i miei AMICI, sono ciò che mi da il sorriso e la forza ogni giorno. E poi sì, è giusto ammetterlo, ho anche conosciuto qualcuno di più speciale, che sta dando a questa esperienza una svolta inaspettata, un ritmo mai costante ai miei sentimenti.
Quindi, chiuso il capitolo 'cambio di centro locale', la nuova missione era trovare una nuova famiglia e questa responsabilità era della coordinatrice, ovvero la mia ex mamma, ovvero la simpatica squilibrata. Dopo due settimane in cui aspettavo nutilmente notizie ho deciso di darmi da fare per mio conto, finchè C. un mio compagno di classe e amico mi ha proposto di essere ospitata dalla sua famiglia.

I giorni passavano e non mi veniva data una risposta, la famiglia era indecisa e io sempre più ansiosa; fino a quando arrivò quel giovedì, 26 settembre.
Arrivai a scuola come sempre e subito iniziarono i problemi; le mie due migliori amiche (rispettivamente exchange norvegese e sorella ospitante) mi dissero che mia madre aveva detto delle cose false ed orribili ad AFS nazionale sul mio conto e sul loro. In preda al panico e sfinita da questo tipo di situazioni, chiamai la mia tutor dicendo 5 semplici parole 'non ce la faccio più'; per fortuna lei capì e finalmente arrivò la tanto attesa autorizzazione al cambio. Non sapevo in quale casa sarei finita, ne quando; tuttavia non mi importava nulla perchè l'incubo era finito e potevo tornare finalmente a vivere la mia esperienza.
La sera, tornata a casa dopo una giornata vissuta al 100%, mentre impacchettavo le mie cose, come un segno del destino arrivò quel messaggio: 'Abbiamo parlato con l'associazione, scusa se ti ho fatto aspettare. Ti vengo a prendere domani hermana'.

E così adesso sono qui, nella mia nuova splendida host-family. Qui ho trovato tutto quello che cercavo: amore, rispetto, dialogo, partecipazione. E' la classica famiglia latina composta da circa 100 parenti stretti; uno dei miei migliori amici è finito per diventare mio cugino! La mamma è una signora dall'aspetto classico e pulito, ma con un carattere forte e giovane, sempre in cerca di qualcosa da fare o d'aggiustare. Il papà è super-messicano, sia nell'aspetto che nel carattere, trova sempre il modo di farti sorridere. Ed infine ho due fratelli maschi: Con C. (già nominato) il rapporto si è rafforzato ed ora siamo praticamente inseparabili, anche perchè lui, gay, mi capisce in un modo meraviglioso. Q. invece, 25 anni, è timido e riservato ma mi ha subito fatto sentire sua sorella; pensate che mi ha lasciato la sua camera e si è comprato un divano su cui dormire!

In sole 3 settimane ho vissuto delle emozioni fortissime, che mi rendono una persona felice oggi. Sono orgogliosa di aver deciso di venire qui nonostante la paura iniziale perchè, come mai in nessun luogo prima, posso dire di sentirmi a casa.


Non ringrazierò mai abbastanza chi mi ha dato questa opportunità. 
México, te amo.


Una Nana che si sente finalmente se stessa.